On the day the wall came down They threw the locks onto the ground And with glasses high we raised a cry for freedom had arrived Couldn't drag me away
A Great day for Freedom - Pink Floyd - The Division Bell, 1994
Il design può essere il collante tra due mondi, storie, vissuti, futuri? Può essere questo, e molto di più: ne è un esempio la mostra German Design 1949–1989 Two Countries, One History, visitabile al Vitra Design Museum di Weil am Rhein fino al 5 settembre 2021.
Se pensiamo al design tedesco, l’associazione con la scuola Bauhaus, fondata più di un secolo fa a Weimar dall’architetto tedesco Walter Gropius e chiusa nel 1933 con l’ascesa al potere dei nazisti, è immediata. Una scuola, un movimento, un’istituzione che ha lasciato in eredità contributi fondamentali sia per il design che per l’architettura. Obiettivo principale del Bauhaus era quello di creare un armonico intreccio tra creazione puramente artistica e produzione industriale: perché porre l’estetica e la funzionalità in contrasto tra loro? Sono due aspetti di un unico vivere, di un unico abitare. E dunque, perché porre le due Germanie in contrapposizione? “Due paesi, un’unica storia” pone alla nostra attenzione un intreccio avvincente, una duplice concezione non solo del design ma anche della cultura, del lifestyle, della politica, della vita quotidiana.
Prima della comparsa del Muro, a Berlino molte aziende e molti designer dei due lati cittadini collaborano alla creazione di nuovi oggetti ma la crescente opposizione si riversa presto, purtroppo, anche in questo campo: sono diversi gli approcci e diverse le identità. Berlino Ovest, apparire e società consumistica da un lato, Berlino Est, rigore e subcultura dall’altro. Cambia il modo di vivere, supportato dalla prevalenza di due ideologie che sottendono diverse vicinanze. Così, anche il design sembra piegarsi a necessità differenti, che si esprimono in esteriorità contrapposte.
Nella Repubblica Federale di Germania, a Ovest, gli oggetti sono preda di un crescente bisogno delle persone di mostrarsi. Ecco, dunque, che arredi e automobili diventano status symbol, e il connubio design/qualità si posiziona alla base di un concetto ben delineato di identità aziendale. Ne sono un valido esempio sia gli elettrodomestici essenziali progettati da Dieter Rams per la Braun sia uno dei simboli mondiali dell’industria automobilistica tedesca: la Porsche, che con i suoi progetti dalle linee minimal concessa a pochi eletti, è perfetta risultante di un mix senza sbavature tra estetica e ingegneria.
In contrapposizione alla Porsche, a Est fa capolino la Trabant (aka Trabi), lanciata nel 1958, a cui va riconosciuto il merito di aver accelerato la motorizzazione della popolazione, grazie alla sua accessibilità che oggi, con una carrozzeria in plastica riciclata, la rende un’icona rappresentativa del design tipico della Germania dell’est. Nella Repubblica Democratica Tedesca, ogni cosa, compreso il design, era pianificata a livello centrale, con un dipartimento governativo dedicato alla progettazione industriale che garantiva a buona parte della popolazione la possibilità di potersi permettere molti prodotti, stabilendone prezzi accessibili. Una sorta di abbattimento delle disuguaglianze contrapposto all’elevazione “occidentale” che non si riflette, tuttavia, in un appiattimento di idee e creatività. Anzi, in un moto opposto di ribellione, il design sprigiona la sua vivacità in una subcultura che permea moda, fotografia, alla ceramica e accessori, e si fa portavoce di una nuova estetica della quotidianità, discostandosi dalla progettazione industrializzata a partire soprattutto dagli anni Settanta, quando al fermo rigore centralizzato si oppone un’ostentata e ribelle esuberanza diffusa.
La mostra ha il pregio di evidenziare come i due nuovi Stati cercarono sì di stabilire le proprie identità ma nello stesso tempo, esponendo oggetti come la Garden Egg Chair di Peter Ghyczy (1968), una sedia futuristica fabbricata quasi con la stessa forma da un lato e dall’altro della città, rende palese che la divisione tra la Germania dell’Est e dell’Ovest non era poi così marcata come la immaginiamo. Per fortuna, oggi non siamo più costretti a parlare di Berlino in termini di muri e rigide divisioni, ma iniziative come quelle del Vitra Design Museum sono fondamentali per due ragioni: la prima è la necessità di tenere viva la memoria storica collettiva, la seconda è un invito a non fermarsi mai alla superficie delle cose, perché scavare a fondo porta molto più lontano e, soprattutto, conduce sempre alla giusta destinazione.
Cover ph. Rudolf Horn and Eberhardt Wüstner, MDW shelving system, 1967, Archive Rudolf Horn, photo: Friedrich Weimer, DresdenIl design tedesco dal 1949 al 1989.
Due paesi, un’unica storia
Dal 20 marzo 2021 al 5 settembre 2021
Mostra del Vitra Design Museum, Kunstgewerbemuseum, Staatliche Kunstsammlungen Dresden e Fondazione Wüstenrot