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Noi e loro. Intervista a Jānis Joņevs


“Noi sappiamo bene di essere una piccola nazione e quando andiamo all’estero siamo pronti alle domande e ai fraintendimenti. Spesso ci confondono con i lituani ma non importa, noi sorridiamo e rispondiamo che l'affermazione è quasi esatta. Però ogni lettone si indispettisce se gli chiedono: “La Lettonia è in Russia?” No, la Lettonia non è in Russia. Però si, è vicino. I lettoni non parlano russo, ma lettone. Eppure quasi la metà della popolazione della Lettonia parla il russo.“

Jānis Joņevs

“Con accenti diversi Estonia, Lettonia e Lituania sono accomunate da uno sforzo per essere considerate europee, cosmopolite, occidentali, perchè le si associ a tutto meno che alla Russia.”
La rivista The Passenger indaga in questo numero storia e tratti culturali delle tre repubbliche baltiche.
Dopo aver condiviso la storia dell’Unione Sovietica, hanno da poco festeggiato tre decenni di ritrovata indipendenza. Continuano a ridefinire una complessa identità nazionale, e rimangono un microcosmo cruciale per comprendere i legami controversi tra Europa e Russia.
Abbiamo intervistato lo scrittore lettone Jānis Joņevs, autore di uno dei contributi più interessanti presenti nel volume.

Nel 1990 la Lettonia ha ottenuto l’indipendenza. Come racconta nel suo saggio, da allora lettoni e russofoni vivono insieme. A che punto è il dialogo tra le due culture?

Per certi aspetti è peggio di un anno fa. La guerra ha aperto alcune vecchie ferite, ha intensificato la discussione sul posto che la cultura russa e sovietica occupa nella nostra storia. Ma la guerra ha anche reso le cose più chiare. Ora ho più amici russi di quanti ne avessi prima, perché insieme lavoriamo per l’Ucraina (nell’organizzazione di volontari).

Riga è stata per molto tempo il set preferito dei film sovietici ambientati all’estero. Cosa rendeva la città così “esotica” e simile al tanto odiato Occidente?

Principalmente l’architettura e la pianificazione stradale della parte vecchia della città. È l’eredità dei tedeschi del Baltico e anche un po’ degli svedesi. Strade strette, marciapiedi, belle case antiche: tutti gli stereotipi di cui il cittadino sovietico aveva bisogno.

Mi ha particolarmente colpito la storia del gruppo Kino e del suo leader Viktor Coj. Quali sono, secondo lei, le ragioni del grande successo della band nell’Unione Sovietica alla fine degli anni Ottanta e perché ha ispirato così tanti giovani sovietici in quel periodo?

Per me è ancora in parte un mistero. La band Kino non era particolarmente ribelle, non era affatto politica, non era musicalmente all’avanguardia. Il suono monotono della chitarra, la voce ipnotica di Tsoi in qualche modo catturavano questo grande desiderio di qualcosa, la solitudine e la libertà – tutto piuttosto astratto e così amabile per tutti.
Forse l’emozione più autentica che sono riusciti a rappresentare è stata quella sensazione di eterna stanchezza. Come la gente di allora si sentiva stanca del sistema. Come i giovani di tutti i tempi si sentono stanchi di questo vecchio mondo (e dopo tutti questi anni mi sento finalmente stanco di Kino).

Un’altra esperienza interessante di cui parla nel saggio è quella del gruppo Orbita, che nella sua produzione artistica si muove sulla linea del bilinguismo. Può raccontarci come li ha conosciuti e perché li sente così vicini alla sua sensibilità?

Mi sono sempre sentita vicino al gruppo Orbita perché mi piacciono tutti gli esuli – ma non credo che loro stessi si sentano tali. Forse è stata anche la possibilità di osservare un mondo diverso accanto a me. Ma soprattutto sono dei bravi poeti e dei ragazzi in gamba.

Chiesa ortodossa del Sacro Arcangelo Michele, Maskavas iela (via di Mosca), quartiere moscovita, Riga. - © Marta Giaccone / The Passenger
cover ph. © Edgars Jurjāns

Jānis Joņevs

Nato nel 1980, è uno scrittore lettone. Il suo primo romanzo Jelgava ’94 è diventato subito un libro di culto tra i lettori. Durante il programma televisivo Great Reading il romanzo è stato scelto tra i 100 libri lettoni più amati di tutti i tempi. È stato anche lodato dalla critica e ha ricevuto numerosi premi. È il libro di un’intera generazione che ha vissuto la propria giovinezza negli anni Novanta, quando la Lettonia aveva appena riconquistato l’indipendenza. Questo romanzo è stato adattato per lo spettacolo teatrale del Jelgava New Theatre e per un film con lo stesso titolo diretto da Jānis Ābele. È stato tradotto in 15 lingue.
Jānis Joņevs scrive anche racconti per bambini e adulti. Nel 2014 la casa editrice “Liels un Mazs” ha pubblicato il suo libro per bambini Slepenie svētki (Celebrazione segreta). Nel 2020 la prima raccolta di racconti di Joņevs, Tīģeris (Tigre), è stata pubblicata da Dienas Grāmata.