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Doppi sensi

Nel suo libro “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, Oliver Sacks racconta dell’interessante caso di un suo paziente, il dottor P., che inizia a manifestare una progressiva incapacità di dare un significato a ciò che vede. Pur non avendo alcun deficit visivo, confonde tra di loro oggetti e persone che appartengono alla sua quotidianità, fino a scambiare la testa di sua moglie con il suo cappello, e ad afferrarla tentando di indossarla.

Il racconto di Sacks è un ottimo spunto per una riflessione più ampia su cosa significhi oggi “vedere” e “guardare” in un periodo storico in cui siamo esposti, verrebbe da dire sopraffatti, da una quantità sterminata di immagini che spesso non riusciamo a “leggere” se non in modo superficiale.
È l’idea che suggerisce la visita di “Doppi sensi”, l’esposizione di Alessandro D’Aquila ospitata dallo spazio furbä a Guardiagrele (Ch) e curata da Simone Marsibilio. D’Aquila utilizza come elemento fondante della sua ricerca artistica il linguaggio Braille. È un modo per esorcizzare un’esperienza personale traumatica vissuta in gioventù che gli fa temere la perdita della vista, ma è soprattutto un mezzo efficace per creare nello spettatore un effetto di spaesamento. Induce così il fruitore a ricostruire con l’immaginazione i significati, anche inaspettati, dell’opera che si trova davanti, e a moltiplicare i suoi punti di vista in una dialettica costante tra noi e l’Altro.

ph. Marzio Santoro

Sotto questo aspetto le sue tavole ottometriche poetiche sono vere e proprie “macchine della memoria”, con cui decomporre versi celebri utilizzando il linguaggio Braille. In questa mostra le due tavole presenti sono dedicate a Modesto della Porta e Gabriele D’Annunzio, autori profondamente legati al territorio, anche se in modi radicalmente diversi. Il tema della visione torna in modo evidente, stimolando lo spettatore a completare con la sua immaginazione e la sua memoria i brani mancanti, ma anche a trasfigurare la forma poetica originaria, al di fuori di una visione estetica totalizzante.

Un altro elemento distintivo del concept della mostra, e il frutto di una meritevole evoluzione che furbä compie nel suo percorso, è il dialogo tra opere e territorio. Alcune tavole, infatti, sono state esposte nelle vetrine del centro del paese, creando un ulteriore senso di spaesamento. Cosa è arte? Cosa non lo è? Ma, soprattutto, può aiutarci a (ri)conquistare uno sguardo nuovo sui luoghi che vivono una pericolosa perdita di identità? A questo proposito tornano in mente le parole dell’antropologo Vito Teti: “Il desiderio dell’altrove non presuppone un viaggio fisico, ma un’esperienza mentale che consenta di utilizzare, alternativamente e, a volte, contemporaneamente, uno sguardo presbite e uno sguardo miope. L’ordinario e lo straordinario si ibridano e si ridefiniscono continuamente.”

*Il testo compare all’interno del catalogo della mostra “Doppi sensi” di Alessandro D’Aquila, chiusa lo scorso 5 maggio all’interno di furbä. 

In copertina: ph. Marzio Santoro, dettaglio dell’esposizione “Doppi sensi”

Alessandro D’Aquila

Nato nel 1989, è originario dell’Abruzzo e attualmente residente a Milano. Utilizza il linguaggio Braille come protagonista della sua ricerca artistica. La scelta di utilizzare un linguaggio non pensato per essere visto, ma dalle potenti proprietà grafiche, nasce dalla volontà di portare alla luce temi spesso non più oggetto d’attenzione e dalla necessità di portarne perciò di nuova attraverso la fantasia e l’intuito, andando oltre le parole e trovando risposte dentro ciò che può sembrare solo un limite.
Il suo lavoro con il Braille gli permette di trovare il suo linguaggio, un veicolo grafico capace, nonostante la sua natura enigmatica, di trasformarsi sia in firma sia in elemento fondante delle sue opere, sempre immerse nella contemporaneità e nella critica della stessa.