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Infinito restare

Soltanto ora mi rendo conto che in tutto il mio peregrinare fuori da questa casa e da questa frazione, che fosse un viaggio per scoprire il mondo o l’assenza per gli studi universitari, questo paese mi abitava dentro.

Savino Monterisi

Siamo nel 1941 quando Cesare Pavese pubblica il suo primo romanzo, Paesi tuoi. Al centro della vicenda c’è la contrapposizione tra città e campagna, rappresentata dai due protagonisti: il meccanico torinese Berto e il contadino Talino. Due sguardi opposti, che incarnano i significati e i caratteri degli ambienti da cui provengono, e che contribuiscono a rappresentare la campagna come un mondo arcaico e ancestrale. Bisognerà attendere almeno una ventina d’anni prima che il boom economico abbia inizio e una massiccia immigrazione interna dal meridione verso i grandi centri industriali nel nord del Paese faccia lievitare la popolazione urbana. Una trasformazione profonda attende la società italiana, ma nel romanzo di Pavese sembrano esserci già in nuce i tratti essenziali di quella contrapposizione.

La dicotomia tra città e aree interne appare oggi quanto mai complessa da decifrare: la pandemia iniziata nel 2020 e un nuovo modello di lavoro basato sullo smart working hanno portato ad un parziale ribaltamento dei modelli sociali dominanti. I borghi  sono davvero quei luoghi idilliaci dove è possibile dissolvere l’alienazione della vita in città e recuperare una dimensione finalmente più “umana”? Qui si può tornare finalmente ad essere padroni del proprio tempo? Probabilmente si tratta di una narrazione incompleta. Le aree interne soffrono infatti da tempo di un dilagante spopolamento, spesso si tratta di realtà economicamente depresse, mancano servizi essenziali e si fa fatica a trovare un modello di sviluppo che dia reali opportunità a chi sceglie di abitarci. Secondo UNCEM (Unione nazionale dei comuni, comunità ed enti montani) i comuni montani e quelli di aree svantaggiate sono 3.587 su un totale di 8.100 comuni italiani. Il dato riguarda una popolazione complessiva di 16 milioni di abitanti e un’estensione territoriale di circa il 60% di quella nazionale.

La restanza

Savino Monterisi vive una storia comune a quella di molti giovani delle aree interne. Studia a Roma e dopo gli anni dell’università fa una scelta precisa: tornare ad abitare e lavorare nel suo luogo d’origine: Bagnaturo, una piccola frazione del comune di Pratola Peligna ai piedi del Monte Morrone, nell’Abruzzo interno.
Qui si dedica all’attività di guida ambientale ed escursionistica, oltre che di giornalista per un quotidiano locale, per cui raccoglie storie e testimonianze della sua comunità. Un’idea di fondo guida la sua esperienza, ed è quella della “restanza”, concetto elaborato dall’antropologo calabrese Vito Teti. “La restanza – scrive Teti –  al contempo, è il sentimento di chi àncora il suo corpo ad un luogo e fa diaspora con la mente.”

Dalla sua esperienza nasce un libro, Infinito restare, pubblicato da Radici Edizioni, piccola casa editrice indipendente fondata da Gianluca Salustri. Non solo un libro sulle montagne come luogo geografico, ma su quelle che Mauro Varotto chiama le Montagne di mezzo. Uno strumento prezioso per decodificare la montuosità come luogo antropologico, una parte importante del territorio nazionale che la politica ignora da troppo tempo, e non sa come inserire in una visione organica del Paese.
Infinito restare è una testimonianza preziosa che allarga il nostro punto di vista, un viaggio-cammino che rifugge dall’idealizzazione della vita di paese e cerca di calarla nella realtà quotidiana. Bisogna riabitare questi luoghi, trovare nuovi modelli di convivenza per renderli vivi, trarre insegnamento dal passato senza idolatrarlo, proiettarli in un’idea di futuro che li renda nuovamente protagonisti.

Sulle orme dei sentieri di montagna, Monterisi legge la natura “come uno spartito” e racconta le ferite ancora aperte del suo territorio. Nel 2007 a seguito di un’indagine del Corpo Forestale dello Stato, viene scoperta l’esistenza di un sito di stoccaggio di rifiuti tossici, la discarica Tremonti. 230 ettari di terreni contaminati da sostanze pericolosissime per la salute umana, tutto ciò che Montedison ha interrato nella zona del polo chimico di Bussi, o peggio ancora, ha scaricato direttamente nel fiume Tirino.

Un'immagine delle Gole di Popoli prima che venisse costruita l'A24 (anni '60 circa). - per gentile concessione di Savino Monterisi

Il borgo è un paese che non ce l’ha fatta

Rossano Pazzagli, ex sindaco di Suvereto e autore del libro “Un Paese di paesi. Luoghi e voci dell’Italia interna” (ETS 2021) scrive a proposito “Il borgo riguarda soprattutto la dimensione urbanistica, definisce più il contenitore che il contenuto, mentre il termine “paese” rimanda alla comunità, all’insieme di relazioni e funzioni che includono le persone, le loro attività, i loro sentimenti di appartenenza e vicinato”.
Quella dei borghi sembra essere la narrazione funzionale ad una visione distorta, in cui il turismo è l’unica risorsa per la sopravvivenza delle aree interne. Servono invece servizi, progettualità di medio e lungo periodo, modelli produttivi che permettano alle comunità di sostenersi e di elevare la loro qualità  della vita. Chi abita questi luoghi ha bisogno di scuole, strutture sanitarie, trasporti, connessione Internet.

Quale futuro per i paesi?

Per contrastare la marginalizzazione e i fenomeni di declino demografico delle aree interne del nostro Paese, tra il 2012 e il 2014 viene avviata la cosiddetta Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI). È il tentativo di un approccio innovativo per lo sviluppo e la coesione territoriale, un progetto di politica basata sui luoghi (place based), che nasce per dare risposte concrete ai bisogni di territori caratterizzati da importanti svantaggi di natura geografica o demografica. Un primo passo per restituire ai territori marginalizzati le risorse di cui hanno bisogno.

Scrive ancora Rossano Pazzagli sul tema di un turismo sostenibile: “Il ritorno al territorio non è un salto all’indietro, ma un laboratorio di futuro nel quale sperimentare nuove economie e un turismo diverso: non il turismo di massa (quello che si misura con l’entità dei flussi degli arrivi e delle presenze), ma quello dell’esperienza o della saggezza, che guarda alla qualità e alla sostenibilità in una logica di partecipazione sociale e di integrazione territoriale.”

Savino Monterisi

È giornalista, guida ambientale escursionistica e attivista. Tornato a vivere nell’Appennino abruzzese, da qui racconta restanze e altri mondi possibili nelle aree interne. Il suo primo libro è Cronache della restanza. Per vivere cammina in montagna.

ph. cover © Savino Monterisi